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La città // Monumenti

Badia della SS. Trinità

E' il simbolo stesso di Cava, il suo maggior monumento e gloria. Immersa nella stretta valle del ruscello Selano a pochi chilometri da Cava la Badia benedettina della SS. Trinità

 

 

Visite guidata e tutti i giorni feriali e festivi, orari:
mattina: 8.30/11.30
pomeriggio: 16.00/17.30 su prenotazione
Per gruppi è preferibile prenotarsi e concordare orari diversi

Per informazioni e prenotazioni visite guidate:
cel. 347.19.46.957
e.mail: annarusso_04@fastwebnet.it

Programma visita:
Accoglienza del Rev.mo Padre Abate
Visita guidata del monastero:
- Cattedrale
- Cappella SS. Padri Cavensi
- Grotta di S. Alfiero
- Le Antiche Cappelle con altari dell'XI secolo
- Chiostro
- Antica e Nuova Sala Capitolare
- Cappella di San Gennaro
- Catacombe
- Cimitero Longobardo
- Museo

Ingresso: € 3,00 (compreso di guida)
Durata: circa un'ora


STORIA

E' il simbolo stesso di Cava, il suo maggior monumento e gloria.

Immersa nella stretta valle del ruscello Selano a pochi chilometri da Cava la Badia benedettina della SS. Trinità.


Secondo la tradizione il monaco Emerico, nel 966, sotto consenso del Principe Giusulfo e dell'Abate del Monastero di S. Benedetto di Salerno, conseguì la costruzione della sua cella nella tranquilla vallata cavese, a compenso di quella di S. Mauro, a Centola, persa in seguito ad un attacco dei Saraceni.


Nel 1011 Liuzio si stabilì con altri due monaci nella grotta Arsicia, denominata "grotta" o "Cava".
Nel 1020 un monaco iniziò la costruzione della Chiesa, presso l'attuale Badia. Parliamo di Alferio Pappacarbone, in seguito Sant'Alferio, un nobile della corte del principe di Salerno che, conosciuto Enrico II, re di Germania, in veste di ambasciatore, scoprì la fede e rispose al richiamo vocazionale abbracciando la vita monastica.


I principi di Salerno, Guaimario III e Guaimario IV, gli donarono la proprietà della grotta, dove Alferio iniziò la costruzione di un piccolo monastero, e gli riconobbero il possesso del bosco intorno ad essa confinato dal fiumicello Selano e dai ruscelli Gennolo e Sasso Vivo.


S. Alferio resse l'Abbazia fino al 1050 e nel 1092 Papa Urbano II la consacrò, divenuta la Nuova Chiesa dei Monaci benedettini. Con lo scorrere dei secoli, papi, vescovi, feudatari protessero lo sviluppo dell'Abbazia cavense, che assunse un ruolo importante nella riforma della Chiesa nel XI secolo. Donazioni, privilegi, feudi e lasciti, offerti dai principi, agevolarono lo sviluppo del monastero che acquisì un enorme potere economico, ma che in breve tempo si trovò a dover affrontare l'ira di un popolo stanco di vivere sotto la dipendenza degli abati.


Cominciarono, così, i difficili rapporti fra abitanti e Monastero, caratterizzati da pesanti tumulti a discapito di quest'ultimo. Da ricordare è l'invasione di ladroni del 1353; il saccheggio e la messa a fuoco del 1355 dei Cavesi guidati da Calvino Tesone e Riccardo Tramontano; quel folto gruppo di rivoltosi di Cava e dei centri limitrofi che, insieme a dei briganti, sopraffecero i monaci nel sonno e diedero fuoco al Monastero, dopo aver portato via oggetti preziosi, suppellettili sacre "et alias res" del valore di più di mille once d'oro, per liberarsi dal potere abbaziale (1364). Ed è solo nel 1508 che scoppia apertamente la ribellione dei Cavesi contro il Monastero. Comunque, anche l'Abbazia doveva sottostare al monopolio marittimo amalfitano, dal quale poi riuscì a sciogliersi e ad armare proprie navi; senza contare che acquisì vari porti, come quello di Vietri, Fuenti e Cetara: i benedettini ebbero rapporti con molte comunità dell'Italia meridionale, della Provenza, della Catalogna e perfino dell'Oriente.


Con la bolla di Papa Bonifacio IX del 7 agosto del 1394 i territori "de la Cava" vengono uniti ed elevati a città e la Badia ne diventa Sede Episcopale e Cattedrale. Il Monastero rimase indenne dalla soppressione napoleonica del 1806, ma nel settembre del 1943, a seguito dei bombardamenti, ospitò numerosi cittadini di Cava e dintorni (circa seimila persone si rifugiarono nel Monastero), ed i tedeschi il 17 settembre presero in ostaggio l'abate P. Ildefonso Rea con il vescovo di Cava monsignor Francesco Marchesani, e furono deportati in un campo di concentramento.