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Palazzo di Città. Il mistero del sosia d’èlite: Totò vs. Cava, la grande (non) transazione

A Cava de’ Tirreni non ci si accontenta mai. Non bastava avere un teatro, bisognava buttarlo giù e farne uno nuovo. Ecco il Palazzo di Città, elegante edificio che sorge in Piazza Eugenio Abbro, in perfetto stile barocco, con una facciata imponente e portici eleganti che ne incorniciano l’ingresso e che oggi ospita la macchina amministrativa comunale… ha un passato da vera star di palcoscenico…

L’ #OnTheRoad di oggi, non è un film di Totò… ma quasi.

Ho attirato – forse (*Vox Servi Dei in Dubio Audire…) – l’attenzione di Vostra Signoria?

Ne ero certa.

Perchè?

Perchè la #Bellezza che condividerò con voi, anche grazie “agli atti” degli amici di Cava Storie, porterà in “scena” la storia del Fantasma dell’Opera di Palazzo di Città.

Chi?

Ve lo racconterò strada facendo.

Seguitemi.

Quando il Municipio faceva il teatro (e Totò restò a mani vuote)

A Cava de’ Tirreni non ci si accontenta mai.

Non bastava avere un teatro, bisognava buttarlo giù e farne uno nuovo.

Ecco il Palazzo di Città, elegante edificio che sorge in Piazza Eugenio Abbro, in perfetto stile barocco, con una facciata imponente e portici eleganti che ne incorniciano l’ingresso e che oggi ospita la macchina amministrativa comunale… ha un passato da vera star di palcoscenico.

Ma andiamo per Atti.

Atto primo: le date

Correva l’anno 1879, e il buon Lorenzo Gelanzé, consegnava alla città un nuovo Teatro Municipale.

Ma a voler essere pù precisi: Gelanzé presentò due idee progettuali, una da 450 posti (con foyer ampio) e una più modesta da 360.

L’idea “A” venne rivisto più volte, fino all’intervento – nel 1875 – di Fausto Nicolini dopo che il primo tentativo naufragò, probabilmente insieme a un paio di rendiconti di spesa troppo ottimistici.

Ma l’arte non conosce ostacoli, e così il 2 ottobre 1878 – data che nessuno ricorda ma tutti fingono di conoscere – si aprì il sipario e nel 1901, per darsi un tono, lo chiamarono Teatro Comunale ma, siccome sapeva troppo di sedie scomode e sipario impolverato (si scherza, eh), fu tramutato in Teatro Giuseppe Verdi con una capienza di circa 600 posti tra platea, palchi e loggione. Era arricchito, poi, da un soffitto dipinto da Gaetano D’Agostino e da lampioni a forma di lira con globi in cristallo.

Per decenni, tra un’opera lirica e qualche filmone (memorabile Quo vadis? Di Enrico Guazzoni e Gli Ultimi Giorni di Pompei di E. Rodolfi nel 1912), il teatro prosperò, finché non arrivò il Fascismo e con lui… le adunate.

Per la lirica, fu decisamente un colpo basso.

E poi la guerra: nel corso della Seconda Guerra Mondiale, subì gravi danni difatti il tetto fu distrutto e l’edificio occupato dalle truppe anglo-americane. Non per recitare Shakespeare, ma come comodo punto logistico. Insomma, il palcoscenico diventò deposito: l’apoteosi dell’improvvisazione.

Atto secondo: il Palazzo diventa cuore amministrativo

Il 12 ottobre 1946, con delibera, si passò dal “sipario” al “registro protocollo”, con un secondo piano aggiunto e l’immancabile ampliamento del 1965 (verso ovest inglobando parte del Circolo Tennis, dove per un periodo aveva sede anche la biblioteca comunale) trasformandolo ufficialmente in Palazzo di Citta (Casa Comunale).

Oggi la struttura si caratterizza da un Salone di Rappresentanza per le conferenze, gli uffici degli assessori e del Sindaco, la sala della Giunta Comunale e – colpo di scena – la Pergamena Bianca, dono del 1460 da parte di Ferdinando I d’Aragona, che ringraziava i cavesi per avergli salvato la corona. O almeno, così dicevano.

Per quanto concerne le opere pregiate, al suo interno possiamo ammirare: una Madonna di Costantinopoli di Fabrizio Santafede (inizio ‘600), dipinti di Clemente Tafuri e altri ritratti del XVIII secolo che guardano tutti… con aria giudicante.

Ma la vera chicca è un quadro che ha fatto tremare… Totò.

Atto terzo:* “abbondandum abbondandis…” Totò vs. Comune

All’interno dell’Aula Consiliare, tra una mozione e una proposta di bilancio, svetta un quadro del 1585 raffigurante un certo Camillo de Curtis: nobile cavese, consigliere dei Regi Collegi Collaterali, presidente della Somma Regia Camera, uomo dal naso pronunciato e sguardo nobile.

Proprio quel tipo di volto che, se lo guardi bene, ti fa pensare: “Ma questo… somiglia a qualcuno…” .

Quel qualcuno era Antonio de Curtis, in arte Totò.

Infatti, nel 1960, il “principe della risata”, impegnato in ricerche genealogiche, scopre dell’esistenza del quadro.

Il ritratto porta l’epigrafe latina  “Divo Camillus de Curtis Patricius Cavensis regiis collateralis consiliarius et Summa Regia Camera Praeses Anno domini 1585” e la somiglianza è sorprendente – mascella decisa, naso regale, fronte spaziosa – che nel 1961 incarica l’amico Federico Pelliccione di fare da ambasciatore presso il Comune di Cava.

Vuole il quadro, lo vuole davvero, ed è disposto a pagarlo così tanto che si dice che la proposta economica fosse “importantissima” da indurre il sindaco di allora, prof. Eugenio Abbro, a portare la questione in consiglio comunale.

La risposta?

Unanime e cavalleresca: “L’antenato di Totò era ed è gloria nostra. Il quadro resta qui!”

A testimoniare la notizia fu il giornale “Il Castello”  che nel gennaio 1961 scriveva: “Se Totò vorrà vedere il suo antenato, potrà recarsi ogni tanto a Cava; così anche i cavesi avranno il piacere di vedere lui di persona, e non solo sullo schermo.”

Immagini gentilmente concesse da: Cava storie

Atto ultimo: Totò celebrato a Cava… con gli onori del caso

Nel 2013, l’amministrazione comunale guidata da Marco Galdi, insieme alla cavese Geltrude Barba, decise di omaggiare il legame tra Totò e la città con una rassegna teatrale estiva: nacque così il Premio “Li Curti”, dedicato al principe della risata.

Madrina d’eccezione fu Liliana De Curtis, figlia di Totò, che ricevette una copia del celebre quadro. Una scena emozionante, come in un film in bianco e nero dove si ride e si piange allo stesso tempo.

E grazie anche alla passione del Centro Studi Ricerche Storiche “Città della Cava”, guidato da Antonio Medolla (Annalisa Medolla), oggi il legame tra il principe e la città è più vivo che mai.

Fine.

Dunque, anche quest’on the road giunge al suo termine e tralasciando i toni canzonatori, è bene ricordare a chi entra oggi nel Palazzo di Città di Cava de’ Tirreni… che forse non sa o probalbimente lo avrà – accidentalmente – dimenticato… di camminare su pavimenti che videro attori, sindaci, soldati e antenati nobili e che è n monumento che rispecchia l’anima di Cava: battagliera, culturale, fedele alle proprie radici… ma sempre pronta a un sorriso.

Vi aspetto al prossimo #OnTheRoad!

* Vox Servi Dei in Dubio Audire… : tratto dal film “I Tartassati”
* “abbondandum abbondandis…”: tratto dal film “ Totò, Peppino e la Malafemmina”

Articolo a cura di MTN Company, Martina Farina


Fonte: Cava storie, cui si ringrazia per la gentile concessione.

Immagine di copertina articolo concessa da Cava storie, tratta dal libro “Il Teatro Verdi di Cava de’ Tirreni” a cura di Lucia Avigliano e digitalizzato da cavastorie.eu.