Il percorso prende avvio dal caratteristico borgo di Alessia e, in pochi minuti di cammino, conduce a un valico incantevole che si apre dolcemente ai piedi del Monte San Liberatore. Da qui, lo sguardo abbraccia un paesaggio spettacolare: da un lato l’azzurro del Tirreno, dall’altro la vallata metelliana punteggiata di verde, in un equilibrio perfetto tra natura e storia.
Un documento del 1062 testimonia l’antico fascino della valle, già allora frequentata dal principe Gisulfo II, grande appassionato della caccia ai colombi. Della chiesa di San Vito oggi non restano che ricordi, ma una torre immersa nel bosco sopravvive, silenziosa testimone delle antiche tecniche venatorie dei “pulieri” e delle “mettetore”.
Il cammino si snoda poi tra suggestioni e memorie, come quella dell’”elce di Manfredi”, un albero secolare legato alla leggenda, e di una casina di caccia ormai abbandonata. Il monte, con i suoi 466 metri, regala scorci straordinari sulla costa e sulla città, con i suoi pendii rivestiti dalla tipica macchia mediterranea. Lungo il primo tratto, si incontra anche una parete rocciosa che dal 1984 è palestra naturale per gli appassionati del C.A.I.
Giunti all’eremo, le cui origini si perdono nel X secolo, ci si ritrova in un luogo carico di spiritualità e silenzio. In cima, una croce in ferro – eretta negli anni ’50 – domina il panorama, mentre poco distante affiorano i resti di una torre di vedetta. La vista che si apre è a dir poco straordinaria: un panorama circolare che lascia senza fiato per la sua maestosità sospesa tra sogno e realtà.
Nonostante i segni del tempo, la chiesetta dell’eremo è stata restaurata nel Novecento grazie all’impegno dei cavesi. Al suo interno, un dipinto del Cristo Re, datato 1956, accoglie i visitatori. Entrando dall’attuale sala di accoglienza e salendo per una stretta scaletta scavata nella roccia, si accede a un ambiente rupestre dove, tra pareti nude, sopravvive un frammento d’affresco: una traccia antica, che continua a raccontare storie al cuore di chi sa osservare.